Aggiornamenti Volume Secondo

– Caprile

  • Lavori alla chiesa di San Bartolomeo: nel libro vengono riportati i lavori del 1909 alla chiesa di San Bartolomeo. Un documento inedito aiuta a fare chiarezza su alcuni punti. Un decreto del Vescovo di Sansepolcro del 12 aprile 1907, autorizza il parroco di Caprile (don Pietro Maggi) a vendere piante per il valore di Lire 4000 per ricostruire la chiesa minacciante rovina. L’edificio antico si trovava quindi in pessimo stato, probabilmente pericolante e la ricostruzione riguarderà l’intero fabbricato che a lavori conclusi assumerà la forma attuale. La vendita di piante, ossia il taglio di uno o più boschi su terreni di proprietà della chiesa di Caprile, serviva per far fronte alla cronica mancanza di fondi, particolarmente grave nelle isolate parrocchie di montagna (Fonte: Biblioteca Vescovile Sansepolcro, Decreti Vescovili, Repertorio n.1, Anno 1907, n.4).
  • Decesso di un soldato poco prima dello scoppio della Grande Guerra: dall’esame del registro dei defunti del 1915 veniamo a conoscenza della triste sorte di Pietro Pierattelli, nato ad Arsicci ma domiciliato a Caprile, figlio di Antonio e Giovanna Andrani. Egli, nato il 6 agosto 1895 fu richiamato anticipatamente, nel gennaio 1915, al servizio di leva in previsione della guerra ormai imminente contro l’Austria-Ungheria. Morì pochi giorni dopo l’arruolamento, il 2 febbraio, alle ore 11 circa a causa di meningite acuta nell’ospedale militare di Milano. Il suo corpo fu deposto in Milano nel camposanto (Biblioteca Vescovile di Sansepolcro, Duplicati parrocchiali dal 1915 al 1917, sez. Defunti, Fascicolo 1915).
  • I Marsili camaldolesi: nel libro, alle pagine 117-118, si accenna ad un illustre personaggio di Caprile, don Pierdamiano Marsili, eletto tre volte priore generale degli Eremiti Camaldolesi. Aggiungiamo qualche notizia inedita: Serafino Marsili nacque a Caprile il 9 gennaio 1817, vestì l’abito monastico il 19 settembre 1841 e prese i voti il 29 settembre 1842 col nome di Pierdamiano. Fu Abate Generale dell’ordine negli anni 1862-1863, 1882-1888 e 1892-1895. Morì a Camaldoli, dove venne sepolto, il 23 dicembre 1895 . Proveniva da una famiglia religiosa: fu difatti portato al Sacro Eremo, assieme al fratello, dal padre sacerdote, il quale entrò negli ordini sacri dopo la morte della moglie. Il fratello, don Placido Marsili, al secolo Marsilio, nacque a Caprile il 24 gennaio 1815, vestì l’abito il 29 gennaio 1840 e prese i voti il 27 febbraio 1841. Morì a Roma il 29 ottobre 1862 mentre era Procuratore presso la Santa Sede e venne sepolto presso la chiesa camaldolese di San Gregorio al Celio. Ambedue i fratelli ebbero ottima fama di monaci dotti e osservanti (Fonte: lettera dattiloscritta di don Giuseppe M. Cacciamani dell’Archicenobio di Camaldoli datata 3 febbraio 1967 e indirizzata a don Amedeo Potito, conservata presso l’Archivio Amedeo Potito-Busta 105- del Museo dell’Alta Valmarecchia Toscana di Badia Tedalda; nella lettera un post scriptum afferma che al Sacro Eremo … esiste una foto rivestiti degli abiti … non potrà essere riprodotta perché altamente sbiadita).
  • Impresa edile dei Brizzi: nel volume si accenna all’impresa edile del muratore Brizzi che a Caprile si occupò della ricostruzione della chiesa agli inizi del Novecento. Un Brizzi (Lino, 1923-2017) si trasferì ad Alfero nel 1942 e nel 1947 costruì la centrale idroelettrica, sul torrente Alferello, che che per la prima volta portò la corrente elettrica ad Alfero (già nel 1913 un frate, Padre Guerra, nativo di Pratieghi, aveva fatto costruire una centrale idroelettrica alla Falera, sull’opposto versante del Fumaiolo, permettendo così l’illuminazione di Balze, Montecoronaro e Verghereto). Fonte: D. Farneti, M. Burioni, G. Camagni. Le nostre radici. Balze, Verghereto, Alfero. Cesena, 1991.

Fresciano

  • Cappella o Celletta della Madonna: un documento inedito rivela la data, 4 giugno 1973, del furto della preziosa e antica statua lignea alloggiata all’interno della celletta. Così don Amedeo Potito descrive l’accaduto: … è stata trafugata, da ignoti, una Statua Lignea, policroma, rappresentante la Madonna col Bambino su di un braccio. L’opera, forse del secolo XV, alta un metro, era collocata in una maestà della pubblica via, nei pressi della chiesa parrocchiale di S. Pietro a Fresciano (foglio dattiloscritto di don Amedeo Potito, datato 8 giugno 1973, indirizzato alla Sovrintendenza di Arezzo e al Sindaco di Badia Tedalda, conservato presso l’Archivio don Amedeo Potito, Museo Comunale Alta Valmarecchia Toscana. Il libro Il Museo rubato, il furto d’arte nel territorio aretino dagli anni ’60 al 1983, a pag. 18 colloca il furto in data 11 giugno 1973, probabile giorno di protocollazione della lettera di don Amedeo Potito ).
  • Arredi nella chiesa di San Pietro: nella stessa lettera di cui sopra don Amedeo Potito elenca la presenza, oltre che della terracotta invetriata e del battistero Cinquecentesco … di molti candelieri in bronzo del ‘600 e ‘700. Uno strumento della Pace, in bronzo, del sec. XVI e vasi sacri pregiati. Vi è anche qualche inginocchiatoio e mobili della sacrestia, in noce, di stile assai bello; una delle due campane deve essere molto antica (per la campana, una delle più antiche della val Marecchia, si veda il libro alle pagine 164-165). Parte dell’arredo venne trafugato successivamente alla data della lettera (1973).
  • Lavori alla chiesa di San Pietro: nel volume Arte nell’aretino, recuperi e restauri dal 1968 al 1974, si accenna a pag.506, ai lavori eseguiti alla chiesa di San Pietro nel 1973: consolidamento e restauro delle murature esterne portanti allentate dal fulmine, restauro tetti e lavori vari di sistemazione. Si ritiene un errore la localizzazione della chiesa, descritta in località Porciano, comune di Badia Tedalda. Evidentemente si tratta di Fresciano.
  • Via Crucis: nel 1839 viene autorizzata dal vescovo di Sansepolcro l’erezione della Via Crucis (Biblioteca Vescovile Sansepolcro, Decreti Vescovili, Repertorio 1, Filza 11, 205).
  • Chiesa di Santa Maria delle Grazie: nella stessa lettera di cui sopra don Amedeo Potito accenna in modo sommario, agli arredi del romitorio: … conserva cose assai interessanti, oltre il quadro della Madonna, legato al passaggio di papa Clemente VII col Card. Bevilacqua, diretto a Bologna per incoronare Carlo V, nel febr. 1530.
  • Dubbi sull’antico dipinto della Madonna nella chiesa di Santa Maria delle Grazie: nel libro, alle pagine174 (nota 24) e 176 si esprimono dubbi sul fatto che l’attuale dipinto raffigurante la Sacra Famiglia corrisponda a quello antico, venerato da secoli dalla popolazione. Il dubbio sembrerebbe dissipato dal ritrovamento, da parte dell’autore, di un’immagine dell’originario dipinto, riproducente il medesimo soggetto, ma con alcune differenze: la Madonna al centro appare incoronata e con una croce al petto ed ugualmente il Bambin Gesù in braccio appare incoronato e con un doppio giro di collana al collo. Nel 1950, come riportato nel testo, l’originario dipinto venne spostato nella soprastante chiesa di San Pietro, mentre nel 1955 venne incoronata la nuova immagine della Madonna, quella che osserviamo oggi. Dell’antico dipinto, quindi, non vi è più traccia a Fresciano. Particolare della collana al collo del Bambin Gesù: la collana riveste un carattere simbolico, in voga particolarmente a partire dal XVI secolo (periodo al quale potrebbe risalire l’originario dipinto), avente la funzione di proteggere il Bambino. Nella tradizione popolare era difatti consuetudine fare indossare una collana di corallo rosso per difendere il neonato da ogni male. A tal proposito scrive Chiara Frugoni (La voce delle immagini, pillole iconografiche dal Medioevo, Einaudi editore, 2010): … nel Medioevo il rosso rametto era ritenuto utilissimo, oltre che per difendersi dai temporali e dai fulmini, per fugare tutte le malattie che così pericolosamente minavano la salute infantile
    L’immagine ritrovata è riprodotta, a bassa risoluzione, in una cartolina religiosa in bianco e nero intitolata Miracolosa Effige e Santuario della Madonna delle Grazie in Fresciano-Badia Tedalda (Arezzo), conservata presso l’Archivio Amedeo Potito di Badia Tedalda.
  • Cappella o Celletta della Madonna: un documento inedito rivela la data, 4 giugno 1973, del furto della preziosa e antica statua lignea alloggiata all’interno della celletta. Così don Amedeo Potito descrive l’accaduto: … è stata trafugata, da ignoti, una Statua Lignea, policroma, rappresentante la Madonna col Bambino su di un braccio. L’opera, forse del secolo XV, alta un metro, era collocata in una maestà della pubblica via, nei pressi della chiesa parrocchiale di S. Pietro a Fresciano (foglio dattiloscritto di don Amedeo Potito, datato 8 giugno 1973, indirizzato alla Sovrintendenza di Arezzo e al Sindaco di Badia Tedalda, conservato presso l’Archivio don Amedeo Potito, Museo Comunale Alta Valmarecchia Toscana. Il libro Il Museo rubato, il furto d’arte nel territorio aretino dagli anni ’60 al 1983, a pag. 18 colloca il furto in data 11 giugno 1973, probabile giorno di protocollazione della lettera di don Amedeo Potito).
  • Arredi nella chiesa di San Pietro: nella stessa lettera di cui sopra don Amedeo Potito elenca la presenza, oltre che della terracotta invetriata e del battistero Cinquecentesco … di molti candelieri in bronzo del ‘600 e ‘700. Uno strumento della Pace, in bronzo, del sec. XVI e vasi sacri pregiati. Vi è anche qualche inginocchiatoio e mobili della sacrestia, in noce, di stile assai bello; una delle due campane deve essere molto antica (per la campana, una delle più antiche della val Marecchia, si veda il libro alle pagine 164-165). Parte dell’arredo venne trafugato successivamente alla data della lettera (1973).
  • Lavori alla chiesa di San Pietro: nel volume Arte nell’aretino, recuperi e restauri dal 1968 al 1974, si accenna a pag.506, ai lavori eseguiti alla chiesa di San Pietro nel 1973: consolidamento e restauro delle murature esterne portanti allentate dal fulmine, restauro tetti e lavori vari di sistemazione. Si ritiene un errore la localizzazione della chiesa, descritta in località Porciano, comune di Badia Tedalda. Evidentemente si tratta di Fresciano.
  • Via Crucis: nel 1839 viene autorizzata dal vescovo di Sansepolcro l’erezione della Via Crucis (Biblioteca Vescovile Sansepolcro, Decreti Vescovili, Repertorio 1, Filza 11, 205).
  • Chiesa di Santa Maria delle Grazie: nella stessa lettera di cui sopra don Amedeo Potito accenna in modo sommario, agli arredi del romitorio: … conserva cose assai interessanti, oltre il quadro della Madonna, legato al passaggio di papa Clemente VII col Card. Bevilacqua, diretto a Bologna per incoronare Carlo V, nel febr. 1530.
  • Dubbi sull’antico dipinto della Madonna nella chiesa di Santa Maria delle Grazie: nel libro, alle pagine174 (nota 24) e 176 si esprimono dubbi sul fatto che l’attuale dipinto raffigurante la Sacra Famiglia corrisponda a quello antico, venerato da secoli dalla popolazione. Il dubbio sembrerebbe dissipato dal ritrovamento, da parte dell’autore, di un’immagine dell’originario dipinto, riproducente il medesimo soggetto, ma con alcune differenze: la Madonna al centro appare incoronata e con una croce al petto ed ugualmente il Bambin Gesù in braccio appare incoronato e con un doppio giro di collana al collo. Nel 1950, come riportato nel testo, l’originario dipinto venne spostato nella soprastante chiesa di San Pietro, mentre nel 1955 venne incoronata la nuova immagine della Madonna, quella che osserviamo oggi. Dell’antico dipinto, quindi, non vi è più traccia a Fresciano. Particolare della collana al collo del Bambin Gesù: la collana riveste un carattere simbolico, in voga particolarmente a partire dal XVI secolo (periodo al quale potrebbe risalire l’originario dipinto), avente la funzione di proteggere il Bambino. Nella tradizione popolare era difatti consuetudine fare indossare una collana di corallo rosso per difendere il neonato da ogni male. A tal proposito scrive Chiara Frugoni (La voce delle immagini, pillole iconografiche dal Medioevo, Einaudi editore, 2010): … nel Medioevo il rosso rametto era ritenuto utilissimo, oltre che per difendersi dai temporali e dai fulmini, per fugare tutte le malattie che così pericolosamente minavano la salute infantile
    L’immagine ritrovata è riprodotta, a bassa risoluzione, in una cartolina religiosa in bianco e nero intitolata Miracolosa Effige e Santuario della Madonna delle Grazie in Fresciano-Badia Tedalda (Arezzo), conservata presso l’Archivio Amedeo Potito di Badia Tedalda.
  • Ca’ de Taviani: il casolare, nei pressi di Fresciano, era già abitato dai Taviani nel corso del Settecento: un atto di battesimo nella pieve della non lontana Corliano (alta val Tiberina) del 27 dicembre 1782 cita Francesca del fu Mario Tavianj di Fresciano, moglie di un Brizi di Fratelle, località ricadente sotto la stessa pieve (Archivio Storico Diocesano di Sansepolcro, Libro dei Battesimi della Pieve di Corliano).
  • Caduto guerra di Libia: nel libro si riporta la testimonianza di Montini Pier Luigi di Rofelle secondo il quale il militare Giovannini Narciso non morì durante la prima guerra mondiale, come riportato nella lapide della chiesa di Fresciano, ma durante la guerra di Libia. La circostanza è confermata dal ritrovamento del certificato parrocchiale di morte, redatto da don Pietro Bernacchi, secondo il quale egli, nato il 9 settembre 1891, di condizione colono, morì, assistito dal cappellano militare, il 7 settembre 1913 alle ore 19 nell’ospedale militare 1° di Derna, sulla costa libica, a causa della dissenteria (curiosamente compare una seconda copia del certificato con la morte indicata alle ore 4 del mattino) . Seppellito nel cimitero cristiano di Derna, la salma, assieme a quelle di tutti i caduti italiani, fu traslata nel 1955 nel cimitero cristiano di Tripoli (Hammangi) fino al 1971, anno in cui per sottarlo alla distruzione voluta da Gheddafi, i poveri resti furono trasportati in Italia. Per chi ne fece richiesta avvenne la traslazione nel luogo di residenza, mentre per tutti gli altri, compreso probabilmente il Giovannini, ci fu la deposizione nel Sacrario Militare dei Caduti d’Oltremare di Bari.
Rara immagine dell’ospedale dove trovò la morte Giovannini Narciso (cartolina non viaggiata collezione dell’autore).
  • Errata corrige: nel libro, a pag. 164, è riportata correttamente in numeri arabi la data dell’iscrizione apposta nel portico della chiesa di Fresciano (anno 1648), ma erroneamente scritta in caratteri romani: CIƆ IƆ CCIIL (la forma corretta sarà quindi CIƆ IƆ CIIL).

– Sintigliano

  • Restauro casa colonica: il 13 novembre 1903 il parroco di Sintigliano fu autorizzato a vendere legna di quercia per il valore di Lire 783 onde poter effettuare alcuni lavori di restauro alla casa colonica, di proprietà della chiesa, situata di fianco all’edificio religioso (Fonte: Biblioteca Vescovile di Sansepolcro, Decreti Vescovili, Repertorio n.1).
  • Alcune notizie su Girolamo Bernacchi morto nella Grande Guerra: di condizione colono, figlio di Pasquale e Maria nacque alla Palazza, isolato casolare a meno di 1 km. da Sintigliano dove risultava residente. Morì il 28 novembre 1915 alle ore 7 del mattino per multiple ferite riportate nel settore del San Michele, tra Gorizia e Monfalcone (Biblioteca Vescovile di Sansepolcro, Duplicati parrocchiali dal 1915 al 1917, sez. Defunti, Fascicolo 1915).
    Maggiori dettagli a pag. 211 del libro.

– Valcisa

  • Citazione dell’antico fabbricato: Nel libro a pag. 30 (Escursione da Sparti lungo l’antica Strada delle Ville), si accenna allo scomparso fabbricato di Valcisa, testimoniato unicamente dalle mappe catastali granducali del 1826. Un ulteriore documento inedito risalente al 1659 cita la casa a proposito di un pezzo di terra, appartenente alla scomparsa chiesa di San Silvestro, confinate coi terreni di un Lanzi et vicino alla casa di Valcisa (Inventario della chiesa di San Silvestro del 1659 in Inventari II, 18-28, Roti-Cercetole 23, presso Biblioteca Vescovile di Sansepolcro).

– La Palazza

  • Antichi abitanti della Palazza: troviamo citata, in un atto di battesimo del 21 agosto 1782, Maria di Girolamo del fu Cesare dalle Palazze, Prioria di Sintigliano, località oggi detta La Palazza, casolare poco sopra Sparti (Archivio storico diocesano di Sansepolcro, Registro dei Battesimi della Pieve di Corliano).

Monte della Zucca

  • Fonte di Fiorenza: a pag. 70 del Volume Secondo si parla di una sorgente poco sotto la sommità del Monte della Zucca. Un documento inedito del 1747 (idem nel 1766 e nel 1790) cita la Fonte di Fiorenza sotto la Zucca dove si trovava una terra soda e faggiata di proprietà della chiesa di Santa Maria delle Ville di Roti. Il terreno confinava con altri di proprietà dei monaci della Badia dei Tedaldi, con Giovanni Rosadi delle Valdazze e con Pier’Antonio da Pratieghi. Potrebbe essersi trattato della nostra sorgente, la più alta in quota sul Monte della Zucca (Biblioteca Vescovile Sansepolcro, Inventario II, 18-28, Ville di Roti).

– Valdazze

  • Documento inedito sul toponimo Crocina: un atto di morte del 26 ottobre 1816, redatto dal parroco di Ville di Roti, don Anton Maria Giovagnoli, parrocchia entro la quale ricadeva Valdazze, offre alcuni interessanti elementi riguardo all’antico incrocio di strade detto La Crocina, trattato nel Volume Secondo: … vicino alle Valdazze luogo detto La Crocina o Sterpaja fu trovato un uomo in qualità di povero mendicante, quale dimostrava l’età di anni sessanta incirca, e fatta la visita dal Tribunale la mattina del 27 mese sopraddetto fu associato e seppellito in questa chiesa di San Lorenzo alle Ville di Ruoti. Il toponimo La Crocina era quindi già in uso ai primi dell’Ottocento, caratterizzato da una croce, non sappiamo se in quel momento o nei secoli precedenti, posta in un luogo di passaggio o meglio esattamente in quello che era il passo appenninico delle Valdazze. Il luogo era anche detto Sterpaja, forse precedente al nome Crocina, piuttosto chiaro nel suo significato, ossia terreno ricoperto di sterpi, arbusti spinosi. Infine si rileva la cronica presenza di uomini malnutriti che vagavano di paese in paese alla ricerca di un pezzo di pane, vestiti di poveri stracci, scalzi e che talvolta, come in questo caso, morivano, soli e lontani da qualsiasi affetto, di inedia o per il freddo. (Archivio Storico Diocesano di Sansepolcro, Duplicati parrocchiali dal 1816 al 1817, Tomo XXII, Libro parrocchiale dei defonti del 1816, chiesa di San Lorenzo alle Ville di Ruoti).
  • Valdazze di Sopra nel 1659: già in quell’anno il casolare delle Valdazze di Sopra era di proprietà dei monaci della Badia dei Tedaldi (Archivio Storico Diocesano di Sansepolcro, Inventari II 18-28, Busta 23 Roti-Cercetole).
  • Capostipite dei Rosati storici abitanti delle Valdazze? Un documento inedito del 1766 menziona i Prati dell’Aquila alle Valdazze, luogo nel quale la chiesa di San Giovanni Battista (scomparsa) di Roti possedeva un piccolo appezzamento di terreno prativo confinante su tutti i lati coi terreni dei monaci di Badia Tedalda. Nello steso documento, e sempre ai Prati dell’Aquila, si menziona un luogo detto Fossa della Chiesa (non identificato), nel quale un tal Rosado dalle Valdazze possedeva un terreno. Il nome del proprietario potrebbe essere messo in relazione alla famiglia Rosati che abitò il casolare delle Valdazze di Sotto fino al periodo Novecentesco, confermando una presenza ultrasecolare degli stessi nel medesimo luogo. Altresì il 18 maggio 1782 morì a sessant’anni circa Maria moglie di Rosado Rosadi dalle Valdazze, sepolta nella chiesa di Viulle di Roti, l’uno luglio 1793 fu battezzata alla pieve di Pratieghi Maria Francesca, figlia di Francesco Rosadi (il nome Rosado si è trasformato in cognome) dalle Valdazze. la stessa Francesca, due anni dopo, il 28 gennaio 1795 morì in infanzia e fu seppellita nella chiesa delle Ville di Roti.
    Fonte: documenti inedito Archivio Storico Diocesano di Sansepolcro, Inventari II 18-28, Busta 23 Roti-Cercetole e Duplicati dei libri parrocchiali dal 1793 al 1794, Tomo XII, Libro dei Defunti del 1782 e del 1795 della chiesa di San Lorenzo alle Ville di Roti.
  • Antichi abitanti delle Valdazze: il 6 maggio 1638 viene battezzata nella pieve di Corliano, entro la quale ricadeva Valdazze (pieve scomparsa) Apollonia figlia di Andrea del fu Mario dalle Valdazze. Andrea era sposato con donna Diamante figlia di Lorenzo dalle Ville di Ruoti. Il battesimo fu celebrato dal sacerdote Giovanni Paolo alla presenza della comare (madrina o levatrice) donna Fiora di Agnelo da San Lorenzo (Ville di Roti).
    Nella stessa pieve e dallo stesso sacerdote viene battezzato il 27 marzo 1639 Guido figlio di Luca di Camillo dalle Valdazze e di donna Giovanna da Francesco da Fratelle, località sotto la stessa pieve.
    Fonte: Archivio Storico Diocesano di Sansepolcro, Libro dei Battesimi della Pieve di Corliano 1637-1708.
  • Cognomi presenti alle Valdazze tra XVIII e XIX secolo: il registro dei battesimi della pieve di Santa Maria di Pratieghi menziona il 9 giugno 1782 la nascita e il battesimo, tenuto da don Bartolomeo Brizi, di Maria Giovanna Gaspera figliola di Salvadore Angioli e di donna Caterina conjugi dalle Valdazze parochia di San Lorenzo alle Ville di Ruoti, mentre qualche giorno dopo, il 18 giugno si cita Pier Giovanni Angilini dalla Valdazze.
    L’undici aprile 1816, sempre a Pratieghi, viene battezzata Maria Lucia nata da Giovan Battista Guerrini dalle Valdazze e da Rosa dalle Ville di Roti.
    Documenti conservati presso l’Archivio Storico Diocesano di Sansepolcro.
  • Fossa della Chiesa: nello stesso documento del 1766 di cui sopra si menziona l’accennato e interessante idronimo situato ai Prati dell’Aquila: la Fossa della Chiesa. Precedentemente, nel 1659 si cita il Fosso della Chiesa di San Silvestro alle Valdazze, probabilmente lo stesso. Peraltro il nome non compare nelle successive mappe catastali del 1826, in cui vi sono, ai Prati dell’Aquila, il Fosso del Prato Lungo (oggi Fosso dei Prati Lunghi), il Fosso delle Rianesi (Fosso del Rianese), il Fosso delle Valdazze e il Fosso di Campo Serapine (oggi Fosso del Seratino), tutti confluenti nel Fosso d’Orchio. Si potrebbe quindi ipotizzare che l’antico nome fosse relativo alla chiesa di San Silvestro, situata nei pressi delle Valdazze e della quale nel corso del Seicento rimanevano ancora i ruderi. Già nel Settecento, con la scomparsa dei ruderi, il corso d’acqua perse il nome di San Silvestro ed in seguito anche di quello di Chiesa.
  • Toponimo Peróne: nel libro a proposito del Poggio alle Valdazze si cita il nome Peróne riferito al Poggio stesso. Un documento inedito del 1659 cita il luogo detto Perone dove la chiesa di San Giovanni Battista di Ruoti possedeva un terreno confinante con quello del signor Tenente Corazzini delle Ville di Roti (Inventario di tutte le terre della chiesa parrocchiale della Natività di San Giovanni Battista di Ruoti, Inventari II, 18-28, Roti-Cercetole, 23 presso la Biblioteca Vescovile di Sansepolcro).
  • Un’antica strada per Viamaggio e il terreno detto Garanza: un documento inedito del 1747 cita un terreno alle Valdazze chiamato Garanza, di proprietà della chiesa di San Lorenzo delle Ville di Roti, confinante con la strada che và a Viamaggio. Per Viamaggio non dobbiamo intendere l’omonimo Passo, nel passato indicato come Alpe di Viamaggio, bensì la frazione, che peraltro in quell’anno non aveva l’attuale aspetto che assumerà solamente nel momento in cui venne elevata a dogana granducale. A tutt’oggi non siamo a conoscenza di collegamenti diretti tra Valdazze e Viamaggio. Potrebbe essersi quindi trattato della strada che dalle Valdazze, scendendo ad Arsicci (Strada di San Biagio), deviava nel fondovalle (località La Marecchia) per risalire a Viamaggio seguendo il Fosso della Giustizia. Di una certa importanza risulta anche il nome Garanza (detto Granza nell’inventario del 1790, di proprietà della chiesa di Santa Maria delle Ville di Roti, già scomparsa): esso indicava la pianta, detta Rubia tinctorum (Robbia dei pittori) dalla quale si ricavava il colorante rosso per la tintura dei panni, specialmente del lino in Toscana. In Europa la pianta fu importata fin dal XVII secolo, periodo al quale potrebbe quindi risalire il nome del terreno, sul quale è ragionevole supporre la coltivazione della pianta. Come ricordato nel Volume Secondo l’industria del lino era particolarmente sviluppata nell’alta val Tiberina e la coltura della Robbia avrebbe potuto rispondere esattamente alle richieste dell’industria tintoria (documento inedito rinvenuto presso la Biblioteca Vescovile di Sansepolcro, Inventari II, 18-28, Ville di Roti).

La Villa (Ca’ di Birri)

  • Antico nome della Villa: un documento inedito non datato, ma risalente al XVI-XVIII secolo, riporta la presenza di un terreno di proprietà della pieve di Pratieghi in località Villa o Felcineto, confinante con il viottolo che va alla casa, Via che va alla Pieve nel confine di Caprile, Fosso del Felcineto (fonte: Archivio Storico Diocesano di Sansepolcro, Inventari). La descrizione sembrerebbe combaciare appieno con quella della Villa/Ca’ di Birri. Felcineto potrebbe quindi essere l’antico nome del casolare o comunque del terreno sul quale era costruito. Il Fosso del Felcineto corrisponderebbe all’attuale Fosso delle Carlucce. Il toponimo, molto diffuso, non solo in zona, a cui si aggiungono numerose varianti, ha origine dal mondo vegetale, derivando dalla pianta della felce, un tempo talmente diffusa da caratterizzare l’area.
  • Sulla cattura di Agostino Moroni: nella località fu catturato dai militi fascisti nel 1944 Agostino Moroni, fucilato il 2 luglio con l’accusa di essere un partigiano. Secondo le testimonianze riportate nel volume egli non avrebbe fatto parte di alcuna banda a causa di alcuni disturbi di personalità e difficoltà a comprendere le situazioni. Un ulteriore indizio di tale stato psico-fisico proviene da nuove testimonianze raccolte a Pratieghi (02-02-2022), secondo le quali egli era solito parlare con una capra esattamente come se si rivolgesse ad una persona.
  • Sull’antico toponimo Lama: lungo la strada da Valdazze a Pratieghi, tra il bivio per Terensauro e il sentiero per La Villa-Ca’ di Birri, si estendono sia a monte che a valle della strada, alcuni terreni detti ancora oggi Lama. Il nome lo ritroviamo in numerosi documenti a partire dal 1566 (Archivio Storico Diocesano di Sansepolcro, Inventari). Si trattava, anche nei documenti successivi, di terreni di proprietà della chiesa di Santa Maria di Pratieghi, confinanti con il Fosso della Lama e con la via Comune che va al Borgo (a volte citata come stradello che va al Borgo, cioè a Pieve Santo Stefano). Lama è un nome alquanto comune ed indica in genere terreni con presenza di acqua, dal latino lama-ae=acquitrino o pantano. In un documento il luogo è citato anche come Lama o Nonno, nome quest’ultimo che ritroviamo ancora oggi in un terreno lungo la stessa strada, ma più verso Pratieghi, tra il secondo bivio per Terensauro e la lapide di Agostino Rossi. Mentre siamo certi della localizzazione dei suddetti terreni, non abbiamo certezze riguardo ai toponimi Lama o Campaccio e Lama o Pero Raggio, situati probabilmente nella stessa zona.

– Passo di Frassineto

  • Sulla statalizzazione della Strada Provinciale: il 26 ottobre 1972 il Consiglio Regionale della Toscana discusse una mozione riguardante la statalizzazione della Strada Provinciale Sestinese (Pieve Santo Stefano-Passo di Frassineto-Badia Tedalda-Sestino), presentata da Pietro Ralli (1928-2021), della Democrazia Cristiana, e approvata all’unanimità. Il progetto, tra il 1972 e il 1973, fu perseguito particolarmente dal comune di Sestino, nonostante il disinteresse della provincia di Arezzo che non presentò alcuna proposta né al Ministero competente, né alla regione. Furono interessati, onde renderlo un percorso interregionale, anche i contigui comuni marchigiani fino a Saludecio e Mondaino (allora in provincia di Forlì), Tavullia e Colbordolo. La motivazione perseguiva lo scopo di … togliere quanto più possibile questa terra da un isolamento che l’ha impoverita e la impoverisce, nell’era non più della agricoltura e della pastorizia, ma dell’industria, dei commerci, dei traffici intensi e veloci. La proposta non ebbe séguito. (Archivio don Amedeo PotitoMuseo Comunale Alta Valmarecchia Toscana, Badia Tedalda: L’Appenino, numero unico, marzo 1973, articolo di Pietro Ralli in prima pagina).

– Serriole

  • Soprastante il casolare delle Serriole non lontano da Montebotolino è tutt’ora in corso, sul crinale che divide la Toscana dalla Romagna, la posa di un nuovo metanodotto. Nel corso del 2021 si è assistito ad importanti lavori di sbancamento per la costruzione di una strada di servizio per mezzi pesanti esattamente a fianco del rudere e a salire fino al crinale. Il luogo si presenta perciò, all’occhio del visitatore, mutato rispetto a quanto descritto nel libro (la vecchia mulattiera è stata cancellata dalla nuova strada).

Caduti della Grande Guerra sepolti a Redipuglia (Gorizia)

  • Nel libro ove possibile vengono indicate le gesta e i luoghi di sepoltura dei caduti di Sintigliano, Caprile e Fresciano. Una verifica presso il Sacrario di Redipuglia, non lontano dal confine sloveno e contenente le salme di oltre 100.000 soldati italiani, ha permesso di confermare la presenza dei loculi di:
    Gavelli Saverio o Severo di Fresciano;
    Tizzi Orlando di Sintigliano.
    Non ho trovato traccia, al momento, dei loculi di:
    Metozzi Giovanni di Pratieghi che secondo il registro ufficiale dovrebbe riposare nel loculo 2615 del gradone 22;
    Comandi Pierlorenzo di Caprile che fonti orali assicurano sepolto al Sacrario;
    Magi Francesco di Fresciano, la cui salma, come specificato nel libro, potrebbe essere stata traslata a Redipuglia.
Sacrario militare di Redipuglia Gorizia
L’impressionante Sacrario di Redipuglia, ove riposano oltre 100.000 soldati italiani, simile ad un moderno calvario. L’enorme cimitero occupa, alle prime pendici del Carso, un’intera collina, teatro di sanguinosi combattimenti testimoniati dalla presenza di trincee e cippi commemorativi (foto del 24/12/2021).

– Frassineto

  • Renzetti, antico cognome di Frassineto: il registro dei battesimi della pieve di Corliano, registra il 24 giugno 1782 la nascita di Domenico Luigi Giovanni Gasparo, la cui madre era Donna Caterina Angiola del fu Pasqoino Renzetti di Frassineta (documento conservato presso l’Archivio Storico Diocesano di Sansepolcro).

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